Nel tuo ultimo passaggio a Milano sei stato ospite di Radio Raheem, e durante il tuo dj-set hai messo un pezzo di Lil Peep: oltre ad avere in comune la passione per il rock e le chitarre distorte, tutti si sono accorti di lui dopo la sua morte. Un po’ come è stato per Pantani, e chi ha ascoltato “Oh Madonna” sa di cosa sto parlando. Ketama si sente un po’ Lil Peep e un po’ Pantani?
“Pantani” è il brano copertina di “Oh Madonna”, nel senso che è un po’ il mio biglietto da visita, una sorta di rivalsa personale. È una storia che mi ha ispirato. Lil Peep invece ha fatto quello che io mi sono messo come obiettivo: creare un’atmosfera da zero legando due generi musicali. Lui è più emo/punk, ha preso Gucci Mane mischiandolo ai Blink ed è stato qualcosa di geniale, specialmente in un periodo in cui la trap era diventata un po’ stucchevole. Tante voci come nel rock, chitarre elettriche…è stato un precursore perchè il genere sta andando in quella direzione lì. Si parla sempre meno di ghetto e di spaccio, sono i problemi personali ad essere in primo piano. Un po’ come ha fatto Yung Lean: massimo rispetto, perchè nonostante venisse da un paesino del cazzo della Svezia ha cambiato le regole del rap mondiale. Prima di lui potevi fare trap solo se eri nato ad Atlanta o eri stato al gabbio, lui invece è riuscito a mettere l’Europa sulla mappa e attirare l’attenzione delle major d’oltreoceano: basta pensare che Travis Scott lo ha chiamato per la direzione artistica del suo album e capisci di che mostro stiamo parlando. Senza Yung Lean probabilmente non ci sarebbe stato nemmeno il cloud rap.
Battuta finale dedicata al tuo tour: come è andato?
Siamo stati in giro tre mesi a suonare, almeno una volta settimana, ed è stata una soddisfazione dopo l’altra. Un giorno arriviamo in una città di provincia della Campania – non mi ricordo il nome – e ci sono centocinquanta persone sotto al palco. Poche? Punti di vista, sapevano tutte la canzoni di di “Oh Madonna” a memoria e saltavano come degli scalmanati. Questo è essere lovegang.
Tre mesi tra interviste, concerti e tutto il resto: alla lunga non è sfiancante?
Sono nato per questo, ci vivo. E poi mi sfianco di più a stare a casa non fà un cazzo. Quando sono impegnato a fare quello che amo sono pieno di energie, sono concentrato. Poi ho bisogno di girare: Roma è una città fantastica e piena di talenti musicali, ma per chi ci vive è anche un po’ opprimente. E se non te ne vai mai poi finisci per fare qualche cazzata.