C’è invece un allenatore che ti ha aiutato a sviluppare una qualità che poi ti è servita concretamente come bagaglio d’esperienze per le tue attività post calcistiche?
A livello personale e calcistico ho avuto due allenatori molto importanti: uno è Fabio Capello (che mi fece esordire 23 anni fa), l’altro invece è Zaccheroni, con il quale vinsi al Milan lo Scudetto nel ’99. Capello l’ho sempre visto come un mentore: la tenacia, la costanza a dare il massimo negli allenamenti, l’obiettivo sempre fisso nella mente. Lui allenava tanto questi aspetti del gioco, e i suoi insegnamenti sono stati d’aiuto in svariati momenti della mia vita, professionale e privata.
Un apripista per tanti allenatori vincenti in Europa, specialmente in Premier…
Conte, Mourinho e Klopp hanno continuato su questo solco: le loro squadre giocano in maniera meno spettacolare, ma sono dei vincenti perché non mollano mai di un centimetro e riescono a infondere questo modo di pensare ai loro giocatori. Una filosofia che Capello applicava trenta anni fa.
Parliamo di quello che succede a casa nostra. Quando pensi si concluderà questa egemonia della Juventus sulla Serie A? Torneremo presto ad avere un campionato più aperto, almeno per quanto riguarda lo Scudetto?
Quando giocavo io il calcio italiano era al suo apice. Dico sempre che negli anni ’90 c’erano più fenomeni in Serie A che in tutto il resto del mondo. Mi piacerebbe che si ritornasse a quei livelli, abbiamo dimostrato di poter stare ai vertici del calcio mondiale. La Juventus continua a imporsi in Italia proprio perché si è adeguata, come caratteristiche, a top club come Bayern Monaco e Barcellona: con una buona strategia, una programmazione adeguata e un’identità ben precisa è più semplice costruire un ciclo di vittorie. E’ questo che è mancato a Milan e Inter negli ultimi cinque-sei anni. E poi attenzione, gli investimenti se non sono fatti in maniera oculata generano un vortice di insuccessi sportivi: se i soldi sono messi nelle mani sbagliate possono diventare inutili. Lo si nota con squadre come Arsenal, Psg e Manchester City: ogni estate questi club intraprendono campagne acquisti faraoniche, per poi fermarsi agli ottavi di Champions. Serve poi tempo: i progetti ambiziosi hanno bisogno di più fasi per mettere radici, attecchire e svilupparsi: in Italia invece bisogna vincere subito, un allenatore non fa in tempo a trasmettere un’idea di gioco alla propria squadra che nel giro di un anno viene esonerato. Speriamo che questa concezione possa evolversi e si arrivi a trovare il giusto compromesso.