Claudio, a chi hai mandato questo progetto e che risposte hai ottenuto?
È stato mandato al Governo, ai ministeri rilevanti, in particolare modo a Franceschini – Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo – al suo Capo Gabinetto Lorenzo Casini, al Vicesegretario Nastasi, all’ANCI – che riunisce tutti i sindaci italiani – alle Regioni, e poi Arci, Assomusica, Siae… Responsi: dal Governo, zero. È andata meglio con Comuni e Regioni. Devo però rilevare che il Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 17 maggio riprende una frase scritta da noi, quella dei posti preassegnati seduti che è alla base di una delle parti della filosofia del progetto.
Un passettino (finalmente) lo stanno facendo?
C’è un problema di fondo: o chi ha elaborato il Decreto è un ignorante, nel senso che non conosce le dinamiche, la realtà economica, professionale, civile, la penetrazione nel tessuto sociale dell’intero sistema del mondo dello spettacolo, o ha degli enormi pregiudizi e crede che il pubblico non sia in grado di rispettare modalità che si chiedono altrove (ristoranti, supermercati, palestre e parrucchieri). Non capisco che differenza ci sia tra uno che lavora in fabbrica e uno che lavora nel mondo dello spettacolo: non parlo solo di big, musicisti o attori, ma anche rigger (gli operai arrampicatori ndr), tecnici del suono, facchini, costumisti… Il mondo dello spettacolo è fatto di tantissimi piccoli eventi, non può permettersi di fermarsi per un anno, come fanno intendere certe dichiarazioni di artisti e associazioni, riportate dai media forse in maniera non sufficientemente completa. È necessario riaprire, nel rispetto di tutte le norme.