Lost in Shanghai – Coming back


Già in mood vacanziero, ho inaspettatamente passato il week end su quello che penso sia stato il mio ultimo set shanghaiese: le palpebre reggevano a stento il peso della mia voglia di dormire, ma i miei occhi si sono spalancati alla vista di una trentina di appendiabiti sulle cui sbarre d’acciaio occhieggiavano beffarde decine e decine di vestiti, compressi tra loro come sardine.
“Non saranno tutti per me… Sicuramente sul fronte stanno per arrivare rinforzi”.
Ma, proprio mentre aveva inizio il discorso atto a galvanizzare l’unico elemento dell’esercito, il nemico ha fatto irruzione nella stanza: ”Ok, today we are going to shot 250 clothes in 4-5 hours, you have to show front, side, back and then change.”
Volevo battere in ritirata, ma non è stato possibile: Italia-China 0-10, ancor prima di aprire il fuoco. Ma abbiamo retto anche questa ultima fatica, e uso il plurale majestatis non perché Shanghai mi abbia regalato manie di grandezza di cui certo non necessito, ma perché grazie anche a voi lettori, non mi sono mai sentita sola.
Dall’alto mi dicono che seguite la rubrica con passione e siete sempre più numerosi e non posso che esserne fiera.
Di questo viaggio sicuramente mi mancheranno le splendide compagne d’avventura, che ringrazierei una ad una, se solo parlassero l’italiano (fatta eccezione per qualche frase irripetibile insegnata dalla sottoscritta).
Mi mancherà il dolcissimo “shifu”, che in cinese significa “driver”, con i suoi occhi sinceri e le battute che nessuno comprende per ovvie ragioni linguistiche.
Mi mancherà fare la doccia guardando dall’alto della mia finestra aperta le meravigliose luci della città e l’Houngkou Stadium illuminato a giorno.
Mi mancheranno gli assurdi ritmi di lavoro che, per quanto stancanti, mi permettevano di non pensare a nulla. Non mi mancherà il cibo unto e anti-shape.
Non mi mancheranno i modi di fare bruschi di molti clienti, a cui poco importa se stai per svenire sul set e per i quali dovrai sempre sfoderare il tuo sguardo migliore ad ogni click.
Non mi mancherà l’aria tanto densa d’inquinamento da far sembrare Milano un’oasi protetta.
Stare così lontana da casa è stato difficile, nonostante l’esperienza indimenticabile…
Ho riso, ho pianto, ho avuto nostalgia della mia casetta rosa, piccola e confortevole; ho vissuto momenti meravigliosi e momenti tragici; ogni piccola cosa era per me amplificata dalla distanza.
Molte volte mi sono sentita come su un grattacielo di 50 piani, in cui sai benissimo dove ti trovi, ma è molto meglio non guardare sotto.
Ora sono un po’ confusa su ciò che farò quando sarò di nuovo in Italia… Stare, ripartire per altre mete, conseguire una laurea in ingegneria civile…
Ma a volte non è poi così male stare semplicemente ad aspettare e vedere cosa ha in serbo per noi il nostro domani.
Ph: Manuela Mariani
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