Le passerelle e le strade sono ormai diventate luoghi privilegiati per l’advertising che del subliminale sembra avere ben poco: le doppie G di Gucci con il logo vintage anni ’80 ripreso da Alessandro Michele, Dior che recita la frase “J’Adior”, Louis Vuitton con il celebre monogram…e poi c’è tutto il mondo street: Supreme, Stone Island ma anche brand come Nike, Adidas, Reebok e tanti altri. Il logo non racconta soltanto la storia dell’abito, ma la personalità del marchio e di conseguenza di chi lo indossa.
Il brand in vista su capi e accessori non è più sinonimo di ostentazione ma è una nota cool che dà valore all’abito. E allora siamo sempre più affamati di firme. Nella moda come nella vita quotidiana. Perché anche al supermercato ci facciamo influenzare dall’etichetta, non sempre sinonimo di qualità. Barilla, Nestlé, Mulino Bianco, la lista potrebbe essere infinita. La regola della logomania è una sola: più si vede, meglio è.