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Priscilla, il lato oscuro del Re del Rock’n’Roll

Priscilla, il lato oscuro del Re del Rock’n’Roll

Angelo Annese
elvis e priscilla presley

Priscilla è l’ultimo biopic di Sofia Coppola (Lost in translation 2003, Marie Antoinette 2006), uscito in Italia il 27 marzo, ma già distribuito lo scorso autunno in USA e UK.

Con un esiguo budget di appena 20 milioni il film si può considerare un successo e questo lo si deve al fatto che, a oggi, è già riuscito ad incassare 32 milioni di dollari al botteghino. Stiamo parlando della messa in scena di una delle storie d’amore più chiacchierate del secolo scorso, quella tra Elvis e Priscilla Presley. Presentato in anteprima alla 80esima edizione del Festival del Cinema di Venezia è il risultato dell’adattamento del best seller Elvis and Me (1985), ed è proprio qui che Cailee Spaeny (Priscilla) si è meritatamente aggiudicata la Coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile.

Per serigrafare questa storia sul grande schermo Sofia Coppola non ha voluto fare errori e si è portata sul set la stessa Priscilla Presley che, oltre a essere diventata una produttrice del progetto, si è detta più che soddisfatta del risultato. Non era della stessa opinione la figlia Lisa Marie che, poco prima di morire nel gennaio 2023, aveva definito lo script come “vendicativo e sprezzante” nei confronti del padre Elvis. Non stupisce che la pellicola sia finita fin da subito al centro di numerose controversie e critiche.

Foto Gian Mattia D'Alberto - LaPresse 04-09-2023 Venezia 80° Mostra internazionale d'arte cinematografica  Photocall del film “Priscilla” nella foto:  da sn, Jacob Elordi, Sofia Coppola, Cailee Spaeny e Priscilla Presley.
Foto Gian Mattia D’Alberto – LaPresse 04-09-2023 Venezia 80° Mostra internazionale d’arte cinematografica Photocall del film “Priscilla” nella foto: da sn, Jacob Elordi, Sofia Coppola, Cailee Spaeny e Priscilla Presley.

Sofia Coppola: il cinema che racconta l’adolescenza

Bisogna ammettere che con questo film Sofia Coppola ha lasciato la sua impronta distintiva senza allontanarsi troppo dalla sua zona di comfort. Infatti, la regista da sempre si occupa di soggetti in cui i protagonisti, o meglio le protagoniste, che ci dipinge sono donne, e ragazze adolescenti, che si ritrovano aggrovigliate in una prigione di cristallo. Una cattedrale nel deserto, dunque, dove riecheggia un grido inascoltato che si tramuta in una profonda solitudine dell’anima che, infranta, si rivela in tutta la sua fragilità.

Una lotta interiore scatenata da una ferita profonda che si fa spazio nel cuore di personaggi tormentati e psicologicamente compromessi, colpevoli di essere naufragati in un oceano di contraddizioni. La realtà che si delinea è quella di un mondo ingiusto e indecifrabile che faticano a mettere a fuoco. Si fanno strada ineluttabili le solite incomprensioni, a volte effimere, dove l’incomunicabilità e l’alienazione diventano temi dominanti dai quali le protagoniste devono “evadere” per arrivare a una sorta di “liberazione”. Per inanellare questo percorso, solitamente, la regista si avvale dell’espediente del conflitto generazionale: è il caso, per esempio, di The Virgin Suicides 1999, Lost in Translation 2003.

Viene da chiedersi se, così facendo, non sia la stessa regista alla ricerca di una catarsi che non si è ancora manifestata o forse non si tratti piuttosto dell’ennesima conferma di una componente insostituibile della sua energia creatrice. In ogni caso il suo cinema è maturo e consapevole, per lei non dev’essere stato affatto facile togliersi di dosso il pregiudizio di essere raccomandata in quanto figlia d’arte, e lo ha fatto egregiamente.

Sofia Coppola è una sognatrice che si è presa cura di quella parte di se, ancora adolescente, che dalla sua cameretta cerca di trovare mille modi diversi per vedere il mondo con occhi nuovi. Chi meglio di lei poteva raccogliere la sfida di tradurre su pellicola questo celeberrimo amore impossibile e tormentato?

La vita di Priscilla Presley

Priscilla Presley è un’icona pop della cultura americana degli anni Settanta. Già moglie di Elvis, dopo la dipartita della popstar nel 1977, diventa attrice e tra il 1983 e il 1988 ottiene maggiore celebrità vestendo i panni di Jenna Wade, una delle protagoniste di Dallas (1978-1991). Figlia putativa di Paul Beaulieu, un ufficiale del US Army, la favola di Priscilla inizia nel 1959 a Wiesbaden quando, all’età di 14 anni, conosce un ventiquattrenne d’istanza in una base militare della Germania occidentale, il suo nome era Elvis Presley.

Tra i due c’è subito alchimia e di lì a poco la loro amicizia si trasforma in un rapporto affettivo. Dopo un breve periodo Elvis torna in America e comincia a fare l’attore, il suo sogno nel cassetto era quello di recitare come Humphry Bogart e, sebbene i coniugi Beaulieu fossero reticenti all’idea di vedere la figlia impegnata con una rockstar, all’età di 17 anni Priscilla riuscì a ottenere il permesso di trasferirsi dall’amato a Memphis, Tennessee.

A Graceland, la convivenza tra i due si fa via via più difficile e problematica, ma nonostante questo nel 1967 si sposano e subito dopo Priscilla resta incinta di Lisa Marie. Nel 1973 divorziano e ciononostante qualche anno più tardi, nel 1977, Priscilla partecipa ai funerali. La loro storia d’amore è entrata nel mito americano e nel 1985, Priscilla pubblica la sua autobiografia Elvis and Me.

Questo racconto spezza in due l’opinione pubblica, per la prima volta emerge un Elvis a tinte fosche, inedito; Priscilla ne mette a nudo, nero su bianco, i lati più oscuri e contorti. Tra il 1984 al 2006 ha una storia di lungo corso con lo scrittore e regista italo-americano Marco Garibaldi da cui ha avuto anche un figlio, Navarone Garibaldi nato nel 1987. Nonna della modella Riley Keough, figlia di Lisa Marie, dal 2013 sta insieme Toby Anstis, host radio e tv.

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Elvis e Priscilla nel 1968 presentano alla folla la figlia Lisa Marie.

La versione di Priscilla: Elvis and Me

Sofia Coppola non si smentisce e il film, tecnicamente parlando, è molto curato in ogni suo aspetto. Infatti, visivamente è molto gradevole e stimolante, con scenografie ricche di dettagli che mirano a ricreare i “ritratti di famiglia” e una regia delicata che sembra quasi carezzare la protagonista. La composizione è maniacale e talvolta sembra di guardare delle cartoline, i costumi e gli oggetti di scena sono curati in ogni dettaglio e la tonalità “confetto” domina incontrastato i primi piani con tinte che spaziano dal blu polvere/carta da zucchero al rosa pastello. Anche se la fotografia è meno sgargiante del solito e risulta quindi più cupa e claustrofobica.

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Elvis e Priscilla da un frame del film tratto da una foto vera.

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L’atmosfera è inizialmente candida e innocente, il mondo della protagonista, che conduce una vita noiosa e ritirata, di colpo viene scandito da feste e attenzioni amorose da parte del suo idolo che riempiono i suoi occhi di speranza per il futuro. Dopodiché la regista ci fa abilmente addentrare in una dinamica torbida e contorta che, avviluppandosi, adombra la protagonista che si ritrova sovrastata da una realtà opprimente e asfissiante.

Nella prima parte del film, infatti, Sofia Coppola riesce a descrivere icasticamente la fase di innamoramento e idealizzazione da ambo le parti. Durante uno dei loro primi incontri, Elvis Presley (Jacob Elordi) racconta a Priscilla (Cailee Spaeny) di aver sofferto molto per la perdita della madre che per lui rappresentava un ancora di salvezza, il focolare domestico. In questo modo, ci accorgiamo fin da subito che il giovane Elvis proietta la figura della madre su una ragazzina di 14 anni pura, timida e illibata, ma estremamente matura per la sua età che si dimostra in grado di cogliere la sofferenza e capire i discorsi degli adulti.

Priscilla è figlia di due genitori molto protettivi e si sente in gabbia, lo stesso vale per Elvis che è prigioniero del proprio ruolo di rockstar che non gli permette di essere se stesso fino in fondo. Quindi questa relazione si propina per entrambi come la fuga perfetta da una situazione di profondo malessere che li accomuna, anche se alla fine si rivela essere una relazione tossica e nociva.

Fin dal principio permane un senso di forte inadeguatezza, un po’ per la differenza di età che, per esempio, costringe la protagonista a non vedere mai appagati i propri desideri sessuali; un po’ è anche la svilente e monotona quotidianità di Priscilla che, relegata al ruolo di donna trofeo, a poco a poco si spegne e sprofonda nella depressione. In questo film emerge chiaramente il lato oscuro di Elvis che viene sviscerato in maniera approfondita senza però lasciare spazio a nient’altro.

Il tema della destrutturazione

L’anima di Priscilla, giorno dopo giorno, viene tagliuzzata e la sua identità si scontorna lasciando il posto a una barbie inanimata, da assemblare, alla quale viene imposto di esistere soltanto in funzione del suo marionettista. Infatti, si deve vestire e truccare come dice lui, niente vestiti marroni perché gli ricordano il militare, capelli neri e mascara per far risaltare meglio la sua figura. Non può contraddirlo altrimenti lui va su tutte le furie, non può uscire di casa né tantomeno lavorare, perché deve essere sempre pronta a rispondere quando lui, che nel frattempo se la spassa in tournée, chiama. Si passa dalla manipolazione alla destrutturazione e la protagonista, inevitabilmente compromessa, finisce per essere del tutto soggiogata.

Quella che ci viene mostrata è la storia di un’adolescenza mozzata, Elvis ha un carattere bipolare e passa molto repentinamente da stati di venerazione a situazioni di dissociazione e apatia. Priscilla per assecondare le esigenze del suo amato si annienta e, lasciandosi lentamente appassire, sacrifica la cosa più preziosa di tutte: il proprio libero arbitrio. Lui diabolico, forse anche troppo, viene raffigurato come un bambino capriccioso e irrisolto alla ricerca di continue conferme nel loro rapporto. Irrispettoso, adultero e provocatorio, Elvis non è un carnefice inconsapevole, ma un villain freddo e calcolatore dal ricatto emotivo facile:

“se non vuoi essere come dico io, sai bene che là fuori ci sono altre migliaia di donne disposte a seguire i miei valori.”.

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Elvis e Priscilla si sposano il 1 maggio 1967 con una piccola cerimonia all’Alladin Hotel e soltanto 14 invitati, scena tratta dal film.

Eccezion fatta per le polemiche sollevate dai fan e dai familiari di Elvis che, a ragion veduta, hanno mosso al film le stesse critiche della figlia Lisa Marie, la pellicola è stata ben accolta dalla critica. Il primo elogio va al cast, in particolare ai due attori protagonisti che hanno il merito di essere riusciti a mettere bene in evidenza gli equilibri di potere della coppia così come vengono raccontati nel libro. Infatti, è possibile constatare che il racconto è certamente di parte e già nel 1985 veniva accusato di aver dissacrato la memoria del Re del rock’n’roll.

La critica ha particolarmente apprezzato anche il montaggio e la scelta di raccontare determinate emozioni con un linguaggio filmico che si avvale di primissimi piani e close-up apparentemente superflui. Priscilla, infine, si configura come una risposta irriverente all’Elvis firmato da Baz Luhrmann, atto di adorazione del 2022, del quale si pone in piena contrapposizione mostrandone l’altro lato della medaglia.

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