Che la bellezza sia un dato di fatto, oggettiva e reale, è verità assoluta. Un tramonto suggestivo, un bel piatto da mangiare prima con gli occhi, un vestito o, semplicemente, qualsiasi cosa che ad osservarla regali una sensazione di benessere e felicità è reale. La bellezza è al 99% oggettiva, anche in un essere umano. E spesso viene ingabbiata in stupidi giudizi negativi, sperando in qualche modo di sminuirla. Su questo tema si sono spesso dilungati poeti e canzonieri, scrittori e pittori. La bellezza, pertanto, è qualcosa di assolutamente tangibile; davanti a qualcosa di bello ogni animo umano dovrebbe gioire e non invidiare o dissimulare.
Ma esiste anche la bellezza soggettiva, quella che appartiene ad ogni essere umano, quella che rende interessante o piacevole qualcosa di estremamente personale. “Non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace”: i gusti personali di ognuno di noi fanno sì che la bellezza possa appoggiarsi a cose, fatti o persone assolutamente lontani dai classici canoni estetici; la bellezza può divenire qualcosa di ancora più profondo ed autentico in base a ciò che si prova dentro.
Questo è la sensazione che ho avuto quando, per la prima volta, ho visto il volto di Caitin Stickels. Lei è definita la modella con la sindrome degli occhi di gatto, una rarissima malattia genetica che procura malformazioni del viso e della struttura dell’iride, facendolo somigliare al muso di un gatto. In questa giovane ragazza di 29 anni, affetta dalla malattia di Schmid-Fraccaro, ho visto la bellezza della diversità, la capacità di entrare nel recinto dell’imperfezione, cosa che tanto attanaglia la società odierna.