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Toon Joosen e i suoi collages: un brivido di allegro sconcerto, d’infantile freschezza, d’ironia fino a trasgredire la logica

Toon Joosen e i suoi collages: un brivido di allegro sconcerto, d’infantile freschezza, d’ironia fino a trasgredire la logica

Rossana Fiorini
toon joones

Nel clima ispirato del suo atelier, l’olandese Toon Joosen formula racconti a più strati di potenzialità, dove atmosfere e persone, straniamenti e linearità si fondono modificando o sovvertendo decisamente l’ordine delle cose: una sorta di surrealismo compiaciuto che scavalca la razionalità per cogliere essenze possibili oltre l’oggettivismo, oltre l’apparenza fisica della realtà. 

L’artista interviene polarizzando situazioni, eventualità, panorami, individui, annotazioni, richiami, omologie in una carambola lirica e insieme scanzonata. Crea collages in cui gli attori delle sue ambientazioni, e le ambientazioni stesse, esibiscono un’ipotesi tutta fantastica dagli esiti inattesi. Sono territori onirici che, sfidando spiritosamente il raziocinio, evocano anche il mondo dell’inconscio e del desiderio. Primaria è la forza trasmutante dell’arte, l’unica in grado di escogitare dimensioni lontanissime nello spazio, nel tempo, nella coerenza e tuttavia perfettamente comunicanti dentro il medesimo palcoscenico. 

Toon Joosen

Toon Joosen e i contesti irreali

     Joosen allestisce contingenze quotidiane calandole però in contesti irreali, convertendo per esempio azioni domestiche o professionali in pratiche cosmiche, tanto che semplici umani diventano giganti in grado d’interferire con la natura, con i suoi paesaggi e le sue leggi.  

Toon Joosen

     Impiegando scatti d’epoca o sfogliando vecchi libri e vecchie riviste, seleziona i soggetti da utilizzare, sottoponendo alla nostra attenzione tutto un settore figurativo un po’ nostalgico, un documentario dell’immagine ready made fotografica da lui poi riadattato, proiettato attraverso tagli netti a forbice o strappi manuali, incollature strategiche, contaminazioni anarchiche. In modo sicuramente divertito, non opera alcuno sforzo di qualificazione, piuttosto una catarsi nel momento di animare i suoi personaggi in quei mondi astratti eppure assolutamente concreti e persino credibili.  

     Imprevisto, satira, apologia, suggestionabilità… elementi imprescindibili. Vieppiù quando si immerge nella parola scritta, nelle frasi stampate, nella visualizzazione della narrativa. Allora, letteralmente, rompe le righe (e lo schema mentale che le hanno concepite) per frammentare, deconcettualizzare, fomentare nuove percezioni emotive e sensoriali. Il testo, la pagina ingiallita evolvono pertanto in fondo prospettico su cui casalinghe dedite alle pulizie, operai affaccendati, bambini curiosi e altri esemplari d’umanità si muovono e agiscono scompigliando precetti e parametri. 

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     L’artista provoca, stimola, distrae, delizia, intriga. Non ultimo, strappa un sorriso. 

     La sua lezione surrealista – riverberante, tessuta all’interno di universi autonomi vivificati, come si è detto, da stravaganze quali stralci di romanzi, illustrazioni vintage e bizzarrie imbrigliate in intuizioni magiche – suggella una sfida: credere nella molteplicità delle sintesi inusuali, nel gioco delle pazzie e delle contraddizioni quando le contraddizioni si traducono in domanda, nell’imprudenza intellettuale e nella versatilità del pensiero. Mischiare innocentemente il vero e la bugia per togliere all’ovvietà ogni facoltà di recingere l’inventiva. 

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